All’estremità orientale della spiaggia di Miseno si trova uno dei luoghi senza dubbio più suggestivi dei Campi Flegrei: la Grotta della Dragonara. Interamente scavata nella parete di tufo del promontorio, la sua etimologia deriverebbe proprio dal termine tracon, roccioso, di origine latina.

Anche questa struttura, come molte della nostra zona, ha subito il fenomeno del bradisimo, che l’ha portata ad una parziale sommersione nell’acqua. Questo ha fatto sì che attualmente sia necessario attraversare una passerella per poterla visitare. La presenza dell’acqua, insieme alle gallerie laterali che si intrecciano formando una sorta di labirinto, rendono la grotta un luogo estremamente affascinante e mitico.

La struttura.

La grotta, che doveva avere una funzione di cisterna, è interamente rivestita dal tipico cocciopesto idraulico che impermeabilizzava questo tipo di strutture. È realizzata su pianta quadrangolare suddivisa in cinque navate da quattro file di piloni ricoperti in opera reticolata, una tecnica edilizia romana utilizzata soprattutto a partire dalla prima metà del I secolo a.C. e in epoca augustea.

La cisterna, lunga circa 60 metri e larga 6 metri, è coperta da una volta a botte con tre grandi aperture, munite di scale oggi poco visibili, utilizzate per l’immissione dell’acqua e per le manutenzioni ordinarie.

Cisterna pubblica o privata?

La tradizione storica tende a identificare con questa cisterna come quella utilizzata per il rifornimento idrico della Classis Misenensis, la flotta imperiale più importante dell’Impero Romano. Quest’ultima, però, era già abbondantemente soddisfatta nell’approvvigionamento idrico da un’altra cisterna piuttosto nota: la Piscina Mirabilis, seconda cisterna più grande al mondo dopo quella di Istanbul. La Piscina Mirabilis era infatti in grado di canalizzare più facilmente l’acqua del Serino per destinarla direttamente alla flotta e alla colonia marittima.

La presenza sul lato ovest della Dragonara di una fonte d’acqua dolce, probabilmente utilizzata già dai Saraceni e sicuramente fino ad alcuni decenni fa dagli abitanti locali, lascia supporre che la struttura in realtà potrebbe aver servito tutte le strutture residenziali situate poco più a sud e visibili sul costone, attribuite dalla tradizione letteraria a Licinio Lucullo, ricchissimo personaggio politico del I sec. a.C. La villa disposta a terrazzamenti con ambienti che discendono fino al mare, attualmente insabbiati, aveva accolto diversi personaggi quali Caio Mario, Cornelia madre dei Gracchi e poi acquistata da Lucullo, ed infine divenuta di proprietà imperiale. Quella di Lucullo potrebbe essere, infatti, la residenza dove secondo lo storico Tacito morì l’Imperatore Tiberio.

Riguardo l’utilizzo della grotta, qualcuno sostiene che sia stata utilizzata anche come luogo di sepoltura, ma non vi sono testimonianze archeologiche esplicite. Ciò che è certo è che nel medioevo il monumento fosse noto come “Bagno del Finocchio” per via delle abbondanti coltivazioni che lo circondavano.

La struttura, soggetto di numerose raffigurazioni settecentesche e tappa del Grand Tour, è senza dubbio un luogo da visitare almeno una volta, accompagnati da una guida esperta.