Il Portus Julius ha rappresentato una delle più interessanti opere ingegneristiche realizzate durante l’Impero Romano.
Il suo utilizzo per le sole navi leggere, la costruzione del nuovo porto militare di Miseno, e il lento abbassamento costiero per via del bradisismo, portarono però la struttura a una precoce decadenza.
Il lago d’Averno, luogo intriso di storia, miti, e leggende, fu anche sede di una delle più ingegnose costruzioni realizzate durante l’Impero Romano: il Portus Julius. Sebbene gli antichi ritenessero il lago l’ingresso degli inferi, per via delle sue esalazioni sulfuree, queste non impedirono a Marco Vipsanio Agrippa, ammiraglio e braccio destro di Ottaviano, di trasformare il complesso Lucrino-Averno in un grande bacino portuale.
Si trattava di un porto militare, la cui costruzione fu fortemente voluta da Ottaviano con funzione di base navale, durante la guerra civile contro Sesto Pompeo. Guerra che avrebbe posto fine alla Repubblica romana.
Le vicende della lotta furono piuttosto complesse: diciamo che, essendo fornito di una potentissima flotta che aveva la sua base in Sicilia, il figlio di Pompeo si impadronì di gran parte del Mar Tirreno. In particolare, avendo occupato le isole del golfo di Napoli, poteva intercettare tutte le navi di Ottaviano che transitavano lungo la costa flegrea.
È chiaro quindi perché Agrippa pensò di costruire un porto ed un arsenale militare all’interno dei due laghi. Secondo le descrizioni di Cassio Dione e Velleio Patercolo, il porto costiero offriva infatti un naturale rifugio protetto per le navi da guerra oltre ad un ampio cantiere navale interno. Ingenti opere ingegneristiche lo collegavano, infatti, sia al lago di Lucrino, che fungeva già da rada riparata, sia al lago d’Averno che forniva un approdo sicuro e, grazie ai boschi limitrofi, anche il legname per il cantiere navale.
Com’era strutturato?
Per provare ad immaginare come apparisse il Portus Julius, bisogna tener presente che la struttura geologica della zona era allora del tutto diversa. Il lago Lucrino, ad esempio, era molto più ampio rispetto a quello attuale. Di conseguenza anche la striscia costiera che lo separava dal mare era allora molto più avanzata di quella odierna. Su di essa correva una strada, la via Herculanea, che secondo la leggenda pare sia stata realizzata da Ercole per farvi passare i buoi che aveva sottratto al mostro Gerione. La strada partiva dalla Punta dell’Epitaffio, presso Baia, per poi giungere fino a Punta Caruso, e includeva l’ingresso al canale navigabile che conduceva al Lucrino.
Agrippa allora tagliò con un canale d’imbocco la duna costiera, mettendo in comunicazione il mare col lago, costruì bacini, darsene, e magazzini. Sotto la direzione dell’architetto Lucio Cocceio Aucto, il canale artificiale, già esistente e lungo 300 metri che collegava i due laghi, venne allargato a 50 metri. Il lago d’Averno divenne dunque un vero e proprio cantiere di costruzione e di riparazione delle navi, mentre il Lucrino venne usato come bacino portuale, secondo una tecnica applicata di frequente dai Romani ai porti lagunari.
Il complesso militare era completato dai percorsi sotterranei, come la Grotta di Cocceio, commissionati da Agrippa per mettere in comunicazione il lago d’Averno con il porto di Cuma, come ci descrive Strabone nella sua Geografia.
La funzione commerciale del porto
Il Portus Julius non ebbe, però, lunga durata. Le cause della sua inevitabile decadenza furono diverse: il fatto che il Lucrino, come aveva già notato Strabone, fosse utilizzabile solo per le navi leggere; la costruzione del nuovo porto militare di Miseno nel 12 a.C.; il lento interramento e abbassamento della costa, prodotto del bradisismo.
Persa la sua funzione militare, alcune fonti ritengono che continuò ad essere utilizzato per diverso tempo come porto commerciale. In effetti il Lucrino riacquistò la sua centralità grazie alla coltura delle ostriche, e la zona dell’Averno fu sfruttata per le numerose sorgenti termo-minerali.
In età augustea, poi, l’insediamento portuale si arricchì estendendosi verso Pozzuoli con la costruzione di due nuovi sobborghi cittadini, denominati “vici”: il vicus Lartidianus e il vicus Annianus.
Sotto Nerone fu intrapresa la costruzione di un lunghissimo canale navigabile con lo scopo di collegare il Portus Iulius a Roma, per consentire un traffico sicuro dalle tempeste per le navi che rifornivano di grano la capitale. La costruzione del canale fu però interrotta con la morte di Nerone, e non venne mai completata.
Le conseguenze del bradisismo e le indagini archeologiche.
Il progressivo abbassamento della linea di costa causato dal fenomeno del bradisismo, portò all’abbandono del Portus Iulius nel IV secolo. Alla fine del V secolo, secondo Cassiodoro, la diga costiera era già crollata e parte del materiale della stessa era stato riutilizzato per riparare le mura di Roma. Nei secoli successivi l’arretramento della costa marina produsse la totale scomparsa del lago di Lucrino e il porto romano venne completamente sommerso.
Nel 1538, con l’eruzione che portò alla nascita del Monte Nuovo, si ebbe un parziale sollevamento dell’area con la ricostituzione del bacino lacustre del Lucrino, seppur molto più piccolo rispetto a quello antico.
Il porto romano venne riscoperto solo nel 1956 grazie alle foto aeree scattate dal pilota militare e sub, Raimondo Bucher. Attraverso quelle foto e i rilievi subacquei effettuati, recentemente, dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici, è stato evidenziato un complesso sommerso, corrispondente al porto antico e ad un tratto della via Herculanea, che si estende per circa 10 ettari.
Del complesso è stata rilevata direttamente solo la parte orientale. Qui si può osservare il tracciato di una via che passa fra i resti di due file parallele di magazzini portuali, con alzati di murature in opera reticolata, intonaci, casseforme lignee, impianti idraulici. Ancora, un edificio più vasto con un orientamento diverso da tutte le altre strutture, disposto obliquamente, nel quale si è voluto riconoscere la domus dell’ammiraglio essendovi ancora dei pavimenti mosaicati.