Da circa 12.000 anni, il sommo Monte Gauro domina il panorama dell’area flegrea con le sue tre vette: Monte S. Angelo, Monte Corvara e Monte Barbaro.
Teatro di alcune tra le più importanti vicende storiche, il Mons Gaurus, come erano soliti chiamarlo i romani, custodisce, ad oggi, siti archeologici di enorme importanza.
Primo tra tutti, spicca sull’omonima altura, l’Eremo di S. Angelo.

La struttura, sorta verso la fine del XVII secolo sui resti di un castello ormai in stato di abbandono, fu originariamente affiancata da un convento.

L’origine del culto di Sant’Angelo è legata all’adorazione dell’arcangelo Michele, quasi sicuramente diffusa dai principi Longobardi di Capua, i quali dominarono Pozzuoli dal 1027 al 1058.

La chiesa, definita barocca non tanto per lo stile architettonico, quanto più per il periodo in cui fu edificata, riporta una distribuzione degli ambienti interni quanto mai originale; caratteristica dovuta alla necessità di adattare la struttura alle massicce murature del castello. Nonostante questi tratti la rendano di difficile inquadratura stilistica, è innegabile che il complesso fonda con una certa armonia, elementi strutturali di epoche completamente diverse.
L’ingresso della chiesa si trova sulla fiancata laterale dell’unica navata, che risulta essere coperta da una volta a botte ribassata. Il convento si sviluppa su due piani, ed è perfettamente intersecato alla struttura adiacente.
Ad oggi, l’eremo è raggiungibile tramite diverse opzioni, la prima da Quarto è il sentiero del Castagnaro; la seconda opzione, più suggestiva, è lungo il sentiero che costeggia il bordo della bocca del cratere del vulcano.
La scarsezza di documenti, e la frammentarietà delle fonti da cui attingere informazioni, non ci rendono fluido il ripercorrere della storia dell’eremo. Il servizio religioso nel luogo appare saltuario e mai stabile; i frati, che vi si trasferivano per brevi periodi dal convento di Santa Chiara, erano soliti farlo più per questioni di riposo che per svolgere funzioni sacre.

Verso il 1825, ritornati i Borbone sul trono di Napoli, il convento continuò sotto il regio demanio e la chiesa ad essere gestito sporadicamente da vescovi e sacerdoti, finché nel 1884, in mancanza di sacerdoti disposti ad occuparsene, fu messo in vendita al demanio.
Negli anni successivi il convento fu acquistato da privati, e la chiesa rimase chiusa fino al 1927, quando fu benedetta e riaperta dal vescovo Giuseppe Petrone.
Arrivati all’ultimo decennio, l’intera area della struttura è stata centro di polemiche riguardanti la gestione e l’utilizzo del suddetto spazio. L’eremo non risulta aperto al pubblico ed è gestito da un custode che sporadicamente vi accede.

Raggiungendo l’eremo, e passeggiando al suo perimetro, le mura ci raccontano la sua storia: le varie stratificazioni, appartenenti al vecchio fortilizio militare, al convento, ed alla chiesa, si intrecciano dinamicamente; alle spalle, un vasto giardino è dominato da una imponente statua raffigurante l’arcangelo Michele, aprendo il panorama sulla costa settentrionale di Pozzuoli, fino a Miseno.
Stoico e maestoso testimone di secoli di storia, l’eremo di San Michele è da sempre simbolo del Gauro, dal quale alto sorveglia l’intera area flegrea.
”Venite a scoprire con noi i sentieri del Gauro, tra foreste di castagni, e scorci panoramici, ripercorreremo la storia nascosta di uno dei vulcani più importanti dei Campi Flegrei”

Bibliografia:

“Le chiese del Monte S. Angelo a Pozzuoli“. Storia, archittetura e documenti inediti. Scritto da Angelo D’Ambrosio e Raffaele Giamminelli.