Nel periodo di maggiore splendore della colonia romana Puteoli, furono eretti numerosi edifici termali che sfruttavano le sorgenti termominerali sgorganti dal sottosuolo flegreo. In particolare, erano le famiglie patrizie che si recavano in queste zone per trascorrere momenti dedicati alla pratica dell’ozio. Alcuni decisero di realizzare qui le loro ville, affiancandole talvolta proprio ai complessi termali.

 

Il “Tempio di Nettuno”.

Quello che svetta in prossimità di Corso Terracciano a Pozzuoli, nei pressi dell’anfiteatro maggiore, è comunemente noto col nome “Tempio di Nettuno”. In realtà si tratta di un complesso termale, realizzato nel II secolo d.C., il quale era disposto su più terrazze e doveva apparire come un imponente complesso visibile anche dal mare.

Come testimoniano i numerosi interventi di cui abbiamo attestazioni piuttosto evidenti, l’edificio originario fu successivamente ampliato, in particolar modo durante l’età in cui regnavano i Severi. È proprio in questo periodo, infatti, che fu eretto il cosiddetto Ninfeo di Diana, situato sul versante opposto della strada.

Quest’ultimo deve il suo nome al ritrovamento sul luogo di una statua della dea; attualmente restano ben conservati solo il basamento circolare e parte dell’alzato, fortemente modificato dai restauri moderni.

 

La struttura delle terme e il decadimento nel corso dei secoli.

L’intero complesso fu utilizzato per circa due secoli, dunque fino al IV secolo d.C., dopodiché cadde in disuso. Probabilmente ciò avvenne a causa di due principali motivi: bisogna innanzitutto ricordare che siamo in un periodo di grande crisi dell’impero e delle istituzioni romane, dovuto al sopraggiungere dei barbari. Un’altra problematica riguardava poi le difficoltà di offrire un costante approvvigionamento idrico per un sistema così complesso quale era quello delle terme.

In ogni caso, a differenza di molti altri monumenti che nei secoli subirono il fenomeno del bradisismo, e dunque vennero naturalmente ricoperti da terreno e detriti, le terme rimasero esposte agli eventi atmosferici e agli innumerevoli saccheggi. Questo ci ha, dunque, restituito ben poco di quello che doveva essere il monumentale edificio, non dissimile dagli altri imponenti complessi termali.

Quindi, dobbiamo cercare di immaginare quella che doveva essere la sua conformazione. E dunque: nel primo tratto dell’attuale via Terracciano vi era certamente la natatio, ovvero la piscina, e forse l’area dedicata all’esercizio fisico. Poi seguivano il frigidarium per i bagni in acqua fredda, il tepidarium per l’ambientamento e il calidarium per il bagno in acqua calda, con i cosiddetti preafurnia che servivano al riscaldamento dell’acqua. Questi ultimi due ambienti sono quelli che più degli altri hanno subito le modifiche strutturali urbane, finendo per essere inglobati negli attuali edifici posti di fronte Via Pergolesi.