L’origine e l’uso dei colori antichi

La presenza dell’Impero romano ha lasciato infinite testimonianze, sparse sopra e sotto il suolo flegreo.

Dai numerosi Templi, alle incredibili opere architettoniche, dai dipinti ai capi d’abbigliamento; si evince da sempre uno spiccato gusto nell’estetica.
L’uso dei colori, nell’arte e nell’abbigliamento, era infatti meticolosamente elaborato.
Per i romani i pigmenti erano alla base di tutto, dagli affreschi delle pareti e dei soffitti, alle statue, dalle colonne dei templi, ai cosmetici.

I metodi di produzione erano di diverso tipo, alcuni colori venivano ricavati dalle fibre vegetali, altri da minerali, altri ancora da alcuni animali.
Venivano prodotte e denominate, un varietà sconfinata di tinture, dalle più svariate tonalità.
Nei Campi Flegrei vi erano principalmente tre produzioni:

  •  Il Caeruleum armenium o caeruleum puteolanum, una sorta di azzurro ottenuto da un composto cristallino contenente silice, ossido di calcio e ossido di rame.
    Veniva prodotto in una fabbrica fondata da C. Vestorius a Pozzuoli. La produzione di questo blu chiaro risultava meno costosa di quello derivante dal lapislazzulo, ma il risultato era pressoché identico.
  • Il porpora, un colore considerato sacro, indossato solo dagli imperatori, era ricavato dai molluschi della famiglia Murex. Una volta estratto dal murice, il liquido vischioso e purpureo veniva mescolato con creta argentaria, per produrne un pigmento di pittura. Il porpora era un rosso violaceo molto intenso, diverso dal rosso fiamma, estratto invece dall’ossido di magnanese.
  • Il bisso, o anche bisso marino, consisteva in preziosissime fibre di tessuto marrone dorato, utilizzate per decorare abiti lussuosi. Veniva ricavato dai filamenti di una conchiglia mediterranea, chiamata Pinna nobilis. Dopo la pesca, i filamenti venivano lavorati tramite meticolosi processi di lavaggi e battiture, effettuati con gran cura, al fine di ricavare un prodotto finale integro.

La Pinna nobilis oggi è in via d’estinzione nei nostri mari, e ne è dunque vietata la pesca.

Moltissime delle opere a noi pervenute hanno purtroppo perso gran parte della vivacità delle loro colorazioni, ma le strade di quei secoli erano ricche di tonalità sgargianti.

Una dedizione tale, nell’utilizzo dei colori, era chiaramente sintomo di un’alta emotività artistica, che i romani rispecchiavano nelle loro creazioni. Una sensibilità che non era strettamente legata all’elite artistica, ma veniva trasmessa anche al resto della popolazione, che si trovava a vivere in città dominate dai colori.

In copertina foto del “Mausoleo Romano” – Parco Archeologico di Cuma