Dee e sibille, guerriere, madri di grandi imperatori e star di Hollywood.

I Campi Flegrei hanno avuto, nel corso dei secoli, importanti figure femminili che ne hanno segnato la storia. Figure mitiche o realmente esistite che, con le loro affascinanti vicende, hanno contribuito ad accrescere il prestigio del nostro territorio. Scopriamole insieme.

«Così la neve al sol si disigilla,

così al vento ne le foglie levi

si perdea la sentenza di Sibilla.»

È così che Dante, nel XXXIII canto del Paradiso, ci presenta la Sibilla: una delle figure più influenti dell’antichità, la celebre sacerdotessa di Apollo, dio del Sole, e di Ecate, dea della Luna. L’Antro della Sibilla, a Cuma, è il luogo dove la sacerdotessa riceveva nobili e imperatori che si recavano da lei con la speranza di avere responsi sulla propria sorte, per lo più legata agli esiti delle battaglie. La Sibilla trascriveva le sue profezie su foglie di palma le quali, alla fine della predizione, erano mescolate dai venti provenienti dalle numerose aperture dell’antro. Così, i suoi responsi divenivano difficili da interpretare, talvolta bastava spostare una virgola per cambiarne completamente il significato. Da qui il termine “sibillino”, cioè criptico. Proprio ad Apollo si lega una leggenda che la riguarda. Pare infatti che il dio, innamorato di lei, le offrì qualsiasi cosa perché diventasse la sua sacerdotessa. Sibilla accettò, prese un pugno di sabbia e chiese ad Apollo di lasciarla vivere tanti anni quanti i granelli che aveva raccolto. Ma dimenticò di chiedere la giovinezza e così, con l’avanzare della vecchiaia, il suo corpo divenne così piccolo e consumato da assumere le sembianze di una cicala. La leggenda narra che la povera Sibilla fu rinchiusa in una gabbietta posta nello stesso Antro o probabilmente nel tempio di Apollo, sul Lago d’Averno, finché il corpo non scomparve del tutto e se ne sentì solo la voce.

Agrippina Augusta

Un’altra delle donne più influenti dell’antica Roma fu Agrippina Augusta, più conosciuta come Agrippina Minore per distinguerla dalla madre Agrippina Maggiore. Appartenente alla dinastia giulio-claudia, fu la prima donna a governare l’impero durante i primi anni di regno del figlio. Le fu inoltre attribuito dal Senato il titolo di Augusta, riconoscimento prestigioso, concesso solo a quelle figure femminili che si erano distinte nel corso della propria vita. Nel 49 d.C. sposò suo zio, l’imperatore romano Claudio, al quale chiese di adottare Nerone, il figlio avuto da Gneo Domizio Enobarbo. Alla morte dell’Imperatore il comando passò quindi nelle mani di Nerone, il quale, vista la sua giovane d’età, fu affiancato dalla madre. La pressione sul figlio era sempre più forte e nel corso degli anni il loro rapporto non fece che incrinarsi, soprattutto quando Nerone preferì designare Sesto Afranio Burro e Lucio Anneo Seneca come consiglieri piuttosto che Agrippina. L’episodio che, però, ruppe definitivamente i rapporti tra i due, fu l’uccisione di Claudia Ottavia da parte di Nerone, per poter essere libero di sposare Poppea Sabina. L’imperatore, ormai stanco delle continue oppressioni della madre, cercò di uccidere anche lei. Fece affondare la nave che conduceva Agrippina ad Anzio dopo una festa a Baia. Il caso, però, volle che sulla stessa nave fosse presente anche una compagna di Agrippina che, caduta in mare, disse di essere la madre dell’imperatore sperando di essere subito salvata. Ma i marinai, complici di Nerone, la uccisero. Agrippina riuscì a sfuggire e fu salvata da alcuni pescatori che la portarono in una villa nei pressi del lago di Lucrino. Nerone lo seppe, e così inviò alcuni sicari alla villa per ucciderla definitivamente. Pare che i suoi fedeli servi avessero innalzato un piccolo sepolcro sulla via di Miseno non lontano dalla villa. Dall’erronea interpretazione delle testimonianze la tradizione storica ha voluto credere che la struttura che sorge nei pressi della Marina Grande di Bacoli, fosse la Tomba di Agrippina. In realtà il monumento è un teatro-ninfeo, parte di un’imponente villa marittima che doveva estendersi fino alla cima della collina, andata distrutta e in parte inglobata nelle costruzioni moderne. Ad Agrippina si lega un’antica leggenda la quale narra che nella stagione estiva, durante le notti di luna piena, il fantasma di Agrippina appaia proprio sulle acque vicine alla sua antica tomba. Alcuni testimoni pare l’abbiano vista pettinarsi, utilizzando l’acqua del mare come specchio, ma se qualcuno prova ad avvicinarsi lei scompare nel nulla lasciando una intensa scia di profumo.

Maria Puteolana

Giungendo all’epoca del dominio degli Angioini, incontriamo un’altra affascinante figura. Si racconta che a capo dell’esercito di Roberto D’Angiò ci fosse infatti una donna: la coraggiosa guerriera Maria Puteolana. Secondo la tradizione Maria visse a Pozzuoli nel XIV secolo, anche se le notizie al riguardo sono piuttosto scarse e l’unico riferimento storico più attendibile ci viene dato da Francesco Petrarca. Quando giunse a Napoli, nel 1341, su invito di re Roberto D’Angiò, si recò a Pozzuoli per incontrare la leggendaria “virago Maria”, così chiamata per la sua verginità. “Non pensava alle tele ma ai dardi – scrisse Petrarca – non all’ago e lo specchio ma all’arco e ai pugnali, non era accresciuta nella sua grazia dai baci o dai segni audaci dei denti ma dalle ferite e dalle cicatrici.” Il poeta ci racconta anche di una particolare prova alla quale Maria sottopose i soldati che comandava: pose a terra un enorme sasso ed un palo di ferro invitando tutti a smuoverli, ma nessun uomo riuscì a spostarli, mentre lei, con una semplicità impressionante, sollevò il macigno e scagliò lontano la trave. Nota a tutti era, infatti, la sua straordinaria forza fisica ed il suo carattere intrepido, passionale, così come la descrive anche lo storico Giulio Cesare Capaccio: “Nelle guerre civili della sua patria andò vestita sempre da uomo e da soldato, e maneggiò con tanto valore l’armi che si era fatta a tutti formidabile. Dormiva quasi sempre in campagna, armata, pazientissima del freddo, del caldo e della fame, stimando in ogni tempo più soave ristoro il terreno, che la morbidezza dei letti, e per ornamento del capo femminile stimando più una buona celata che i ricci dei capelli o le reti d’oro.” Ma Maria Puteolana non era invincibile e anche per lei sopraggiunse la morte. Morì combattendo, come racconta Sabadino degli Arienti, nell’opera “Gynevra delle clare donne”, un testo di 33 biografie di donne illustri, tra le quali, anche quella di Maria.

Sofia Loren

Facciamo un salto fino al XX secolo, nel 1934, anno nel quale nacque a Roma Sofia Loren, nome d’arte di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone. Poco dopo la sua nascita si trasferì con la madre a Pozzuoli, dove trascorse l’infanzia e i primi anni dell’adolescenza, durante la Seconda guerra mondiale, in condizioni economiche piuttosto precarie. Dopo la guerra, dopo aver lavorato come cameriera presso il piano-bar aperto da sua nonna, a soli quindici anni vinse il suo primo concorso di bellezza e con il premio ritornò a Roma per iniziare la sua grande carriera di attrice. Nonostante la forte opposizione da parte del padre, arrivarono i primi successi. Affiancò Corrado nel programma radio il Rosso e nero. Ma la vera svolta arrivò quando, nel 1951, incontrò il produttore Carlo Ponti che si innamorò della sua bellezza e si rese conto delle sue grandi potenzialità. Il loro amore destò al tempo non poco scalpore data la forte differenza di età e il fatto che Ponti fosse già sposato con la figlia di un generale. Ad ogni modo, da allora il suo percorso fu costellato da successi. Recitò al fianco di star hollywoodiane come Cary Grant, Marlon Brando, William Holden e Clark Gable diventando così famosa in Italia e all’estero. Ma senza dubbio l’incontro più fortunato fu con l’amore della sua vita, dal punto di vista lavorativo, Vittorio De Sica, col qual recitò nel celebre “Pane, amore e…”. Il suo successo e la sua incredibile bravura furono tali da portarla alla vittoria dell’Oscar, negli anni ’60 per il suo ruolo ne “La Ciociara”. Di quel grande traguardo l’attrice raccontò in un’intervista il modo in cui lo aveva saputo. “Era notte e squilla il telefono – dice la Loren – Cary Grant mi grida nella cornetta Sophia! Hai vinto Sophia! Ho iniziato a saltare sul letto. In quel momento mi sentivo arrivata, ma la verità è che ho sempre avuto il complesso di quella che non ha studiato: ho fatto solo le elementari e mai frequentato corsi di recitazione”. Forse sarà stata proprio la sua umiltà e al contempo la sua tenacia ad averla resa una delle attrici più importanti e talentuose della storia del cinema italiano, un’icona che ancora oggi incanta il mondo con la sua incredibile eleganza.