Oggi, 19 settembre, Napoli festeggia il suo principale patrono: San Gennaro, vescovo e martire cristiano.

Le sue reliquie, composte da alcune ossa del suo scheletro, sono custodite all’interno del Duomo di Napoli, insieme a due ampolle ricolme di un liquido che la tradizione popolare ritiene sia il suo sangue. E la sua liquefazione, che per tradizione avviene tre volte all’anno, è tuttora oggetto di grande stupore e curiosità anche da parte dei non credenti e della comunità scientifica.

Chi era San Gennaro?

Il suo nome Gennaro sembra risalga al latino Ianuarius che significa «consacrato al dio Giano», e di solito era attribuito ai bambini nati a gennaio (Ianuarius), mese sacro al dio. Il Santo nacque probabilmente intorno al 272 d.C., ma non si hanno fonti riguardo il luogo di nascita. Alcuni suppongono sia Benevento, seguendo la tradizione beneventana secondo la quale il vescovo della città dovesse avere origini sannite. Altre fonti, invece, ritengono sia nato a Napoli, città nella quale sono custodite le sue reliquie. Di famiglia benestante, sin dalla sua giovinezza sposò la vita ecclesiastica. A trent’anni era sacerdote e vescovo di Benevento, quando scoppiò la persecuzione da parte dell’imperatore Diocleziano.

L’arresto e il processo a Pozzuoli

Sossio, diacono di Miseno e suo fedele amico, fu arrestato per volere di Dragonzio, governatore della Campania. Così Gennaro si recò in visita dal prigioniero, ma, avendo richiesto la sua liberazione ed avendo professato la sua fede cristiana, fu egli stesso arrestato e condannato insieme ai suoi compagni ad essere sbranati dai leoni, all’interno dell’Anfiteatro flavio di Pozzuoli. La pena, però, pare fu momentaneamente sospesa probabilmente per evitare disordini da parte del popolo, che si mostrò particolarmente empatico verso i condannati. Secondo la tradizione invece, ciò avvenne grazie ad un vero e proprio miracolo: le belve si sarebbero infatti adagiate al cospetto dei condannati. Meno clemente, in ogni caso, fu Dragonzio, il quale ordinò che Gennaro e gli altri martiri fossero decapitati. Portato nei pressi della Solfatara di Pozzuoli, il santo fu decapitato il 19 settembre dell’anno 305. La scena del miracolo dell’arena dell’anfiteatro fu rappresentata, intorno al 1636, nel dipinto San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli dalla rinomata pittrice Artemisia Gentileschi, ed è attualmente conservato nel Duomo di Pozzuoli.

Il mistero della liquefazione del sangue

La tradizione vuole che il suo sangue sia stato raccolto e conservato da una donna di nome Eusebia, che lo racchiuse in due ampolle. Il sangue di San Gennaro si sarebbe sciolto per la prima volta ai tempi di Costantino I, quando il vescovo Severo trasferì le spoglie del santo dall’Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il tragitto incontrò proprio Eusebia che aveva con sè le ampolle del sangue del santo, che si sarebbe dunque sciolto. Dal punto di vista storico la prima notizia documentata della liquefazione risale soltanto al 1389, come riportato nel Chronicon Siculum: la prima esposizione pubblica delle ampolle contenenti il cosiddetto “sangue di San Gennaro” avvenne durante le manifestazioni per la festa dell’Assunta. Il 17 agosto vi fu una grandissima processione per assistere al miracolo del sangue, che si sciolse “come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo”. Il modo in cui l’evento ci viene riportato sembra suggerire che il fenomeno si verificasse allora per la prima volta. Attualmente le due ampolle sono conservate nella cassaforte dietro l’altare della cappella del Tesoro di San Gennaro. Il contenuto di una la riempie per 3/4, mentre l’altra più alta è semivuota poiché parte del suo contenuto fu portato via dal re di Spagna Carlo di Borbone. Tre volte l’anno (il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre ed il 16 dicembre), migliaia di fedeli accorrono per assistere alla solenne cerimonia religiosa del miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro. Secondo la tradizione popolare, l’avvenuta liquefazione è da interpretare come buon auspicio per la città; viceversa è considerata presagio di eventi drammatici. Per molto tempo fu considerata miracolo anche la periodica comparsa, nel santuario di San Gennaro alla Solfatara a Pozzuoli, di tracce rosse e trasudo su una lastra marmorea ritenuta quella su cui Gennaro sarebbe stato decapitato. Studi recenti, però, hanno riconosciuto nella lastra il frammento di un altare paleocristiano del VI secolo, su cui si trovano tracce di vernice rossa e di cera e su cui non avvenne mai alcuna esecuzione.