Scopri gli anfiteatri della Campania

Luogo di cruenti combattimenti tra gladiatori, lotte tra belve, esecuzioni di criminali ed eventi politici: gli anfiteatri della Campania sono tra i più maestosi e ricchi di fascino. Talvolta poco conosciuti o non ancora riportati alla luce, sono testimonianza dei fasti del nostro paese e del suo inestimabile patrimonio storico-artistico. Proviamo a scoprirli insieme.

 

Anfiteatro di Avella 

Avella (o Abellus) è una piccola cittadina della provincia di Avellino. Situata in posizione strategica, pare sia stata abitata sin dal paleolitico superiore, mentre il primo insediamento abitativo risalirebbe alla fase appenninica. Essa fu dapprima un insediamento del popolo osco, subì la dominazione etrusca, quella sannitica, per poi passare sotto il presidio dei Romani nel 399 a.C. Centro della Campania Felix, è al periodo romano che risale la sua vera e propria organizzazione di tipo urbano, della quale resta il meraviglioso anfiteatro. Questo fu edificato nel I sec. a.C., e faceva da scenografia ai giochi dei gladiatori, la caccia agli animali, e talvolta per le naumachie (seppur questa tesi non sia ancora stata accertata). A pianta ellittica, come gran parte degli anfiteatri, presenta un’arena coperta di sabbia, composta da gradinate divise in settori. Risultano ancora ben visibili le strutture in opus reticolatum e la parte centrale ed inferiore della cava con sedili in tufo, mentre la parte superiore è andata perduta. In corrispondenza del lato sud-orientale, la struttura è in parte sostenuta dalle mura della città risalenti al II sec. a.C., di cui è ancora visibile la cortina interna in opus incertumUna raffigurazione dell’anfiteatro si conserva sul lato destro di una base onoraria di età antonina, dedicata ad un Lucio Egnatio Invento, ed è attualmente visibile a destra dell’ingresso dell’ex-palazzo ducale di Avella. Il sito è visitabile solo su richiesta prenotando ai numeri: 0818259320/320/9479173/3804309703; o inviando una mail a: infosiatavella@gmail.com

 

Anfiteatro di Capua 

Nella città di Santa Maria Capua Vetere – l’antica Capua – sorge l’Anfiteatro Campano: un anfiteatro di epoca romana, secondo per dimensioni soltanto al Colosseo, al quale funse verosimilmente da modello. Secondo alcuni, pare sia il primo anfiteatro del mondo romano ad essere stato realizzato. Un’altra ipotesi sostiene, invece, che fu costruito tra il I e il II secolo d.C. sulle rovine di un anfiteatro precedente. Se così fosse, il primo anfiteatro del mondo romano sarebbe quello di Pompei, costruito nel 70 a.C. Sede della prima scuola di gladiatori, è rinomato per essere stato il luogo da cui il gladiatore Spartaco guidò nel 73 a.C. la rivolta che per due anni minacciò Roma nel periodo immediatamente precedente il primo triumvirato. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’anfiteatro subì una feroce opera di depredazione, che ebbe fine solo nell’epoca borbonica, quando fu dichiarato monumento nazionale. La struttura, nata per accogliere gli spettacoli dei gladiatori, si sviluppa su quattro piani. In facciata troviamo arcate in blocchi di calcare, di cui quelle poste in corrispondenza dei quattro punti cardinali coincidono con gli ingressi principali. Ad arricchire i primi due ordini di archi vi erano busti a rilievo di divinità, ma anche satiri e maschere teatrali. Tavoloni di legno cosparsi di sabbia servivano da piano di appoggio per i combattimenti, per consentire ai gladiatori di combattere su un terreno più favorevole. Al di sotto si sviluppavano i sotterranei, utilizzati per le attrezzature e gli apparati scenici. Molti dei resti rinvenuti sono attualmente conservati nel Museo Campano della città di Capua e al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Anfiteatro di Nauceria 

Nuceria Alfaterna sorse nel VI secolo a.C. e fu una delle più grandi città della Campania antica. Il suo territorio, che attualmente corrisponde a quello di Nocera Inferiore e Nocera Superiore, fu un centro così importante tanto da avere una propria moneta e un particolare alfabeto, il nucerino, basato su quello etrusco e quello greco.  Dell’antica Nuceria si conserva il suo anfiteatro, tra i più grandi dell’antichità, la cui reale struttura può solo essere immaginata poiché completamente sepolto. La sua datazione si aggira attorno alla prima metà del I secolo d.C., periodo di forti scontri tra pompeiani e nocerini. Tanto che questi ultimi furono squalificati dall’anfiteatro pompeiano dapprima per dieci anni, ridotti poi a due grazie all’intercessione di Poppea, moglie di Nerone. Un periodo in ogni caso troppo lungo che pare abbia spinto i nocerini a realizzare un nuovo e più ampio anfiteatro.  Fu il sacerdote don Matteo Fresa a condurre la prima esplorazione nel 1926. Assieme ad altri confratelli, portò alla luce alcuni gradini e il piano di calpestio in opus signinum e cocciopesto. Furono poi rinvenuti preziosi resti di statue in marmo, raffiguranti una testa di cane ed una di daino. Grazie alla loro opera, purtroppo interrotta, sono altresì visibili decorazioni in marmo probabilmente della parte esterna dell’arena, tratti di mura in opus reticulatum, un accenno di stucco con motivi geometrici, e alcuni corridoi del tutto colmi di fango e detriti. La presenza di diverse rampe di scalini fa pensare ad una struttura sicuramente a più livelli e molto più complessa di quanto sia visibile, nonché un’arena che ancora nessuno ha mai potuto visitare. Il sito è attualmente visitabile solo su richiesta, prenotando al numero 081932052.

Anfiteatro di Pompei 

L’anfiteatro romano di Pompei è uno degli edifici meglio conservato, nonché uno dei più antichi al mondo. Costruito intorno al 70 a.C, subì notevoli danni a seguito del terremoto di Pompei del 62, cosicché l’intera struttura fu completamente rinnovata. Fu sepolto durante l’eruzione del Vesuvio del 79, per poi essere riportato alla luce nella campagna di scavi promossa dai Borbone, nel 1748. Capace di accogliere circa 20.000 spettatori, esternamente si presenta in due ordini: la parte inferiore è ad archi ciechi sotto i quali, durante gli spettacoli, i mercanti vendevano la loro merce; mentre l’ordine superiore presenta archi a tutto sesto. Tra i due ordini è posto un ambulacro, e due grandi scalinate realizzate per permettere agli spettatori di raggiungere le gradinate più alte. L’accesso all’anfiteatro avveniva tramite una galleria, detta crypta. Si pensa ci fosse un passaggio ai palchi d’onore esclusivamente riservato ai magistrati, divisi dal resto della platea; uno di questi palchi era collegato direttamente all’arena, probabilmente utilizzato dai gladiatori durante le premiazioni. La cavea era suddivisa in tre settori: l’ima, media, e summa cavea, dove la popolazione si posizionava a seconda della classe di appartenenza. Per proteggere gli spettatori dai raggi del sole o dalla pioggia, vi era poi un velarium, una sorta di grosso tendone, che ricopriva tutta l’area dell’arena. Quest’ultima era dotata anche di un parapetto, decorato con affreschi oggi purtroppo andati perduti, raffiguranti duelli tra gladiatori.  Gli spettacoli godevano di un enorme seguito nella società dell’epoca, testimoniato dalle numerose iscrizioni rinvenute sulle abitazioni della città, che pubblicizzavano gli eventi.

Anfiteatro di Pozzuoli 

L’anfiteatro Flavio di Pozzuoli è il terzo in Italia per dimensioni, subito dopo quello di Roma e Capua. Risalente alla seconda metà del I sec. d.C., è detto Flavio perchè se ne desume la costruzione sotto l’imperatore Vespasiano dall’iscrizione di dedica del monumento in cui si ricorda: La colonia Flavia Augusta costruì a proprie spese. Secondo altri, invece, esso fu solo ultimato in età flavia, ma la sua costruzione si crede sia iniziata e in parte compiuta da Nerone. Ciò che risulta sicuramente evidente dalla struttura muraria è una costruzione avvenuta in due fasi: mentre l’alzato esterno è attribuibile all’età flavia, gran parte della struttura è in mattoni, costruita dunque secondo una tecnica tipica del II secolo d.C. Oggetto di scavi nel corso dell’Ottocento, solo nel 1947 l’anfiteatro fu riportato interamente alla luce così com’è possibile ammirarlo oggi. Nei sotterranei, perfettamente conservati, sono ancora ben visibili gli ingranaggi utilizzati per sollevare le gabbie che trasportavano sull’arena le belve, e quelli che sembrano essere altri elementi di scenografia degli spettacoli.  L’arena, capace di contenere fino a 40.0000 spettatori, è il luogo in cui avvenivano gli spettacoli più cruenti. Nella parte superiore doveva esserci un portico a colonne, in parte conservate nei sotterranei, ornato da una serie di statue andate quasi tutte perdute. Sui parapetti che suddividono i settori sboccano i vomitoria, cioè i passaggi attraverso i quali gli spettatori potevano raggiungere l’arena, posizionandosi in base alla classe sociale di appartenenza.  All’arena dell’anfiteatro si lega la celebre leggenda del martirio di San Gennaro: imprigionato e condannato a morte nel 305 d.C., si racconta che il 19 settembre fu portato insieme ai suoi compagni nell’arena all’interno della quale furono liberate le bestie. Queste ultime, però, si fermarono al cospetto dei martiri lasciandoli miracolosamente illesi. Meno clemente fu il giudice, il quale ne ordinò l’immediata decapitazione che avvenne nei pressi della Solfatara. La scena del miracolo dell’arena fu rappresentata, intorno al 1636, nel dipinto San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli dalla rinomata pittrice Artemisia Gentileschi, ed è attualmente conservato nel Duomo di Pozzuoli.

Organizza la tua visita guidata all’anfiteatro Flavio chiamando al numero 3803675781.