La leggenda del Delfino Simone

 

I Campi Flegrei sono terra di storia, cultura, bellezze naturali e anche di miti. Qui si narra che attraverso l’Averno Enea incontrò il padre Anchise, proveniente dal regno dei morti, che proprio nel lago puteolano aveva una delle sue porte. La terra flegrea è anche la terra della maga Sibilla e tanti altri sono i miti legati a questo territorio, tanto da dargli nel corso dei l’appellativo di “Terra del Mito”. Le storie nascondono sempre nelle loro trame un fondo di realtà e ci aiutano a comprendere la vita quotidiana dei secoli passati.

IL DELFINO SIMONE – Uno dei miti, forse meno famoso di altri, ma altrettanto affascinante, che ha per scenario i Campi Flegrei è la storia del “Delfino Simone”. La leggenda narra, all’epoca dell’antica Roma, dell’amicizia tra un bambino che abitava lungo le sponde del lago Lucrino (prima dell’eruzione del Montenuovo era un vero e proprio lago e non la piccola laguna che osserviamo oggi) e un delfino che viveva nello specchio d’acqua. A dargli il nome Simone fu proprio il piccolo abitante di Lucrino. Tanto era il legame tra il giovane e Simone, che il delfino accompagnava il ragazzo sul proprio dorso per il tragitto che lo divideva dalla scuola. Quando il bambino morì per un’improvvisa malattia, il delfino continuò a presentarsi tutte le mattine nel punto dove erano soliti incontrarsi per portarlo a scuola. Leggenda vuole che a causa della grande tristezza, anche Simone dopo poco tempo morì.

PLINIO IL VECCHIO – A tramandare la storia del “Delfino Simone” fino ai giorni nostri fu Plinio il Vecchio in uno dei suoi racconti: Durante il principato del divino Augusto un delfino penetrò nel Lago Lucrino. Un bambino, figlio di un pover’uomo, che era solito andare dalla zona di Baia Pozzuoli per frequentarvi la scuola, fermandosi in quel luogo a mezzogiorno, aveva preso ad attirarlo a sè, chiamandolo col nome di Simone e dandogli da mangiare i pezzetti di pane che portava per merenda. Il delfino si affezionò straordinariamente al fanciullo. In qualunque momento del giorno, per quanto celato dalle profondità del lago, appena il bambino lo chiamava, il delfino si precipitava da lui e, dopo aver ricevuto cibo dalle sue mani, gli offriva il dorso perché vi salisse. Per parecchi anni lo portò così a scuola, a Pozzuoli, attraverso la grande distesa del lago, riconducendolo poi allo stesso modo a casa. E quando un giorno il bambino morì per malattia, il delfino ripetutamente tornò al luogo consueto, triste e del tutto simile a una persona afflitta; e alla fine anche lui, per quanto incredibile possa apparire, morì dal dispiacere”.

 

Immagine di Copertina Ritratto del Maestro Antonio Isabettini (scale Pendio S. Giuseppe – Pozzuoli).